C’era una volta un fiocco di neve curioso, anzi curiosissimo.
Non appena fu recapitato da una grassa nuvola su un magnifico prato di quella tal minuscola città, cominciò immediatamente a fare moltissime domande.
“Ehi, ma io, proprio io, chi sono esattamente? E da dove vengo? Perché sono qui?”, chiedeva a gran voce, guardandosi in giro.
“Mmm, vediamo: a giudicare dal tuo aspetto, da come hai volteggiato leggero prima di posarti su di me e soprattutto dal freddo che mi stai facendo addosso, beh, credo proprio tu sia un fiocco di neve”. Fu il filo d’erba su cui sedeva il primo a rispondere alle sue domande.
“Grazie” continuò il fiocco di neve. “E per caso sai anche da dove vengo?”.
“Non lo so di preciso, ma mi hanno detto che, per sapere da dove vieni, devi sapere chi è la tua mamma”, disse il filo d’erba.
“Ah. E la tua mamma chi è?”, incalzò il fiocco di neve, sempre più curioso.
“La mia mamma è come me: è un filo d’erba, ma solo un po’ più grande e un po’ più vecchio. Quello che penso è che forse devi solo trovare una che ti somigli e che sia un po’ più grande di te”, concluse il filo d’erba.
E così il fiocco di neve curioso partì alla ricerca della sua mamma.
La tal minuscola città si stava preparando al Natale e, passeggiando tra le strette vie, il fiocco di neve si imbatté in una deliziosa vetrina allestita con dolcetti di ogni sorta e graziose luci colorate.
“Ooooh, ma quello sono io!”, esclamò quando vide la sua immagine riflessa in quella piccola vetrina. Si scoprì tante zampette che parevano proprio disegnate da un bravo artista, uno che si intende sia di bellezza sia di geometria. Era molto felice, perché si trovava davvero carino, ma soprattutto perché ora sapeva come poteva essere fatta la sua mamma: con la sua stessa forma, solo un po’ più grande, come gli aveva detto il filo d’erba. Era perso in questi bei pensieri quando, alzando lo sguardo, vide sul tetto di quella deliziosa pasticceria, un enorme fiocco di neve luminoso. Col cuore in gola si arrampicò fin lassù e quando, col fiatone e un’emozione grandissima in petto, approdò davanti al fioccone che credeva la sua mamma, d’improvviso fu rapito da qualcosa che volava.
“Ehi, tu, mettimi giù, lasciami andare dalla mia mamma! Lasciami ho dettooooo!”, urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
“Ma quella non è mica la tua mamma”, disse tranquillo il passerotto che lo portava in punta di becco. “Quella era una luminaria di Natale: non è altro che un pezzo di plastica calda, c’è mancato poco che non ti sciogliessi, fortuna che ti ho visto da lontano! Anzi, mi dovresti ringraziare, invece di urlare”.
“Ma io voglio trovare la mia mamma!”.
“Senti, quel che so io di quelli che come te è che vengono dal cielo”.
“Ah. Puoi portarmici?”
In pochi istanti, il fiocco di neve curioso fu trasportato a volo da quel passerotto generoso fino alla grassa nuvola che lo aveva lasciato cadere a terra qualche tempo prima.
“Sei tu la mia mamma?” le chiese, non appena le fu vicino.
“Chi? Io?”, rispose distratta la grassa nuvola, che stava facendo un pigro pisolino. “Ma no, io non sono la tua mamma, al massimo sono stata la tua casa”.
Il fiocco di neve non fece in tempo a riprendersi da quella risposta che una piuma del passerotto fece starnutire la grassa nuvola così forte, ma così forte che fu scaraventato a terra ai duemila all’ora.
Fu così che il fiocco di neve precipitò furiosamente in una pozzanghera della piazza centrale di quella tal minuscola città. Cominciò a singhiozzare piano piano.
“Cosa hai mai da piangere, piccolo mio?”, disse quella pozzanghera, con la voce più calda e soave che il fiocco di neve avesse mai sentito in vita sua.
“Non riesco a trovare la mia mamma”, piagnucolò.
“Tesoro, sono io, sono l’acqua, sono la tua mamma!”.
Tu e io, piccolo fiocco di neve curioso e senza paura,
Siamo risorsa essenziale e tra tutte la più pura.
Siamo noi a portare al mondo intero ogni vita.
Ai tulipani, ai girasoli, alle cimici che ti impuzzano le dita.
Arriverà tra poco un vento caldo
Ci renderà vapore
E ci trasporterà potente e un po’ maramaldo
Insieme saremo fiumi e mari, sorgenti, ruscelli, arance bionde
Scorreremo dolci e poi ruzzoleremo come onde
Saremo acquerugiola della sera e rugiada del mattino
Disseteremo alberi e genti, ci mischieremo al buon vino
Saremo gocce, pioggia, e ghiaccio, bianchi e leggeri fiocchi di neve
Saremo all’infinito magia che giù scende lieve lieve.
Saremo nel latte, nel miele, nel più nero dei caffè,
Saremo aerosol per arcobaleni, sempre e solo io e te.


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