vie educative per cuori vivi e menti accese

Perché dovrei?

Perché dovrei?

Proprio oggi ho trascorso alcune ore in un orto urbano della periferia torinese insieme a un gruppo di genitori, cittadini attivi, che per sé stessi e per le altre famiglie del territorio creano occasioni per stare insieme all’aperto, giocare immersi in quello che la natura ci offre dentro alla città, seminare e prendersi cura delle creature che — umilissimo parere mio — più di tutte sono portatrici di un naturale fascino: le piante.
Ormai è quasi una tradizione la mia presenza da loro per una piccola attività agroecologica: l’anno scorso il tema era il compost, quest’anno abbiamo ragionato su come vivere in maniera ecologicamente consapevole. I bambini e le loro famiglie erano tanti, e abbiamo fatto quel che era possibile per stare insieme e imparare qualcosa di nuovo. L’orto è stato seminato, anche l’aiuola della pace ha ora i suoi allegri fiori colorati, e ogni bimbo è andato via con un piccolo semenzaio del riciclo: scatolette origami fatte con fogli di rivista, vasetti di carta ricavati da portauova, e semi di varie essenze portate in dono dagli stessi partecipanti, in un naturale baratto con gli organizzatori.
Abbiamo fatto anche una caccia al tesoro — la scienza è pur sempre una ricerca di tesori, no?
Che meraviglia la faccia sgranata e luminosa che hanno fatto i bambini quando ho spiegato loro che il vero tesoro era il tempo trascorso insieme, e quel poco di sapere nuovo che ognuno si è portato via alla fine della mattinata. Come un piccolo seme in tasca. Forse forse, mi illudo che ce ne siamo andati con qualche consapevolezza in più, anche piccola.
(La mia piccola consapevolezza, per me, è fonte di grandissima meraviglia. Nella pubblicizzazione dell’evento ero stata presentata come “scienziata”. Un papà sconosciuto, a un certo punto della mattinata, mi si è avvicinato e mi ha chiesto: “Ma tu sei maestra, vero?”. “Sì, perché?”. “Si vede.”).
Stamattina presto, pedalando nella città deserta della domenica mattina verso gli orti, con tutto il materiale stipato in zaino e cestini, sono passata davanti a una vecchia palazzina dismessa coi vetri a specchio. Per una frazione di secondo ho visto la mia immagine riflessa: stavo sorridendo. Sorridevo perché ero felice di fare quella cosa bella, e di starci andando in bici.
Qualche tempo fa, quando ho raccontato a un amico vegano che da un po’ ero diventata vegetariana, lui mi ha chiesto: “E come ti senti?”, alludendo alla risposta del mio corpo al cambiamento. Io ho risposto: “Mi sento molto orgogliosa”.
Con le classi che incontro sto cercando di lavorare in un modo che sento più vicino a me. È un po’ diverso da quello che vedo spesso, adesso che ho avuto modo di entrare in tante scuole diverse. E provo, passo dopo passo, a scriverne, per lasciare traccia di quello che sto sperimentando. A volte, certo, mi sento stanca. E capita di pensare che potrei anche semplicemente seguire il sentiero già battuto.
L’altro giorno, davanti a una proposta che forse era troppo fuori abitudine per i bambini che avevo davanti come supplente, mi sono detta: “Chiara, apri il libro, fai fare la fotocopia che ti hanno lasciato, che sarà mai?”. Poi, nel corridoio di quella stessa scuola, ho incrociato lo sguardo di D., un bambino di cui ero stata supplente qualche mese prima. Mi ha guardata dritta negli occhi e, solo con il labiale, ha detto il nome di una certa storia artistica che avevamo fatto insieme. Boom! Che colpo di felicità.
Perché andare in giro in bici? Perché preparare attività anche la domenica mattina? Perché scegliere una dieta diversa? Perché cercare modi di lavorare che richiedono più tempo e più energie?
L’unica risposta che mi viene, ora come ora, è: perché, insieme alla fatica, ho trovato qualcosa che mi somiglia. E lì dentro, oltre alla bellezza, ci sono anche la soddisfazione, la sensazione di essere dove volevo essere. Una forma, semplice ma profonda, di pienezza.

Mi piacerebbe provare a far circolare questi contenuti senza i social, come semi trasportati dal vento o dalle mani di chi li trova interessanti. Se questo post ti è piaciuto, puoi condividerlo con qualcuno a cui potrebbe parlare. E se vuoi ricevere le ‘oltreluci a domicilio’, trovi tutto nel banner laterale. Grazie! Chiara

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sono Chiara

lavoro come maestra nella scuola primaria

benvenutə tra le oltreluci, luogo di pensieri e racconti di scuola

le oltreluci accendono l’immaginazione e l’amore per la scoperta, aprono spazi sconfinati di pensiero poetico e critico, intrecciano le arti ad ogni sapere, che si fa così creazione e trasformazione

le oltreluci sono quei bagliori di senso che possono guidare noi maestrɜ oltre le consuetudini, alla ricerca di pensieri e percorsi che espandono e ridisegnano ogni nostro già detto, già fatto, già pensato

le oltreluci sono scintille che abitano i diversi modi di sentire, pensare e conoscere: se riusciamo a vederle, allora possiamo accompagnare a brillare ogni unicità; sono piccoli segnali luminosi a ricordarci che siamo in ogni momento in cammino verso un miglioramento, di qualsiasi entità

le oltreluci nascono da e continuano ad essere per liberi sentieri

le oltreluci sono venti, vie, scintille, nodi, passi e orizzonti

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