È questo il tempo nel quale tutti gli insegnanti del paese sono impegnati in quel rituale antico, dibattuto, sfiancante e controverso che è la valutazione.
Da maestra neofita e persona abituata ad analizzare criticamente anche la mia stessa lista della spesa dopo averla scritta, oltre che da ex docente universitaria, guardo a questo passaggio necessario con curiosità antropologica e sguardo educativo.
Una valutazione con categorie definite (siano essi livelli o voti numerici) dà forse parvenza di garantire l’equità. Lo spezzettamento analitico in obiettivi, le scelte possibili atomizzate in aggettivi e avverbi in quantità farebbero sembrare di garantire il rispetto delle unicità di ognuno.
Eppure io continuo a pensare che non sia vero, che una valutazione pensata così non sia utile a nessuno: né per i bambini che non la comprendono, né per le loro famiglie, né per i docenti che la subiscono senza sentirla mai pienamente vera.
Ogni bambino dentro alla sua classe è un individuo che cresce e la sua crescita appartiene sia a lui che alla piccola comunità a cui appartiene. La classe è un ecosistema con i suoi meccanismi di funzionamento e regolazione, con le sue “proprietà emergenti”, vale a dire quelle caratteristiche che non derivano dalla somma delle sue parti ma che nascono dall’interazione di tutte le componenti.
Per cui, un aspetto su cui mi rendo conto di tornare tante volte coi bambini a scuola, è che ogni giorno ciascuno di noi, adulto o bambino che sia, esce diverso da come è entrato e che il nostro lavoro di adulti è fare sì che si esca un po’ più alti, nel senso di cresciuti in conoscenze, abilità e competenze che riguardano ogni parte di noi: mani, cervello, muscoli, sensi, cuore soprattutto cuore, relazione, interazione, intuito, visione. La lista è quasi infinita. E il cambiamento di ciascuno diventa fattore scatenante di un equilibrio rinnovato di continuo per l’intero ecosistema-classe. Si cresce veramente solo se si cresce insieme.
Come si fa a restituire in una valutazione questo continuo cambiamento individuale e collettivo?
Sto riflettendo molto coi bambini anche su un altro punto, raccogliendo da loro diverse sollecitazioni. Chiedo a loro (e chiedo sempre anche a me): in che modo dovrei sentirmi toccato negativamente dal progresso/successo di un altro?
Capita molto spesso nelle classi di ricevere lamentele del tipo:”Ma l’avevo detto prima io!” oppure, peggio ancora “Lui ha fatto giusto perché è stato aiutato”. Io reagisco sempre chiedendo a chi ha, istintivamente, tirato fuori la questione:”Quello che sa lui o lei, toglie qualcosa a quello che sai tu? Hai pensato che, forse, invece, la aggiunge perché possiamo andare, insieme, un passetto ancora più avanti?”.
Con tutti questi pensieri mi dico che, al di là della burocrazia purtroppo richiesta a noi insegnanti per fingere di garantire equità e rispetto delle unicità (siamo molto lontani, mio modesto parere, da entrambi gli obiettivi), è bello restituire ad ogni bambino lo sguardo di noi grandi sulla crescita che compiono insieme a noi attraverso parole che scegliamo con cura per loro, in una valutazione narrativa che riguardi ognuno, coi propri punti di forza e gli aspetti sui quali migliorare. Ma allo stesso tempo, oltre che scrivere una lettera ad ognuno, non sarebbe giusto scriverne una anche alla classe, a quell’organismo che siamo tutti insieme? E ancora, sarebbe bellissimo poterci lavorare anche con loro: il loro sguardo sulla classe intera, adulti e bambini insieme.
Perché la valutazione è solo individuale e non anche collettiva? Perché, anche nel momento (antico, dibattuto, sfiancante, controverso) della valutazione non proviamo ad aprire lo sguardo al noi?
Mi piacerebbe provare a far circolare questi contenuti senza i social, come semi trasportati dal vento o dalle mani di chi li trova interessanti. Se questo post ti è piaciuto, puoi condividerlo con qualcuno a cui potrebbe parlare. E se vuoi ricevere le ‘oltreluci a domicilio’, trovi tutto nel banner laterale. Grazie! Chiara


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