Ogni tanto, quando posso, sperimento in classe un po’ di poesia. Qualche giorno fa, ne ho copiata una alla lavagna mentre loro stavano giocando, poi quando ci siamo seduti l’abbiamo ritrovata ed è stato bello raccogliere cosa loro a occhi chiusi hanno immaginato di fronte a quella manciata di versi, ascoltati prima nudi, poi con una melodia dolce e con una a tinte decisamente più forti.
La poesia era “Ho disegnato” di Vivian Lamarque:
Ho disegnato una piccola casa di cemento
poi ho aperto la porta
e ti ho messo dentro
quando scenderà la notte e sentirai bussare
non sarà il vento
saranno le stelle a cento a cento.
“Ero sul tetto, calma, a guardare il cielo“, ha detto M dopo averla ascoltata la prima volta.
“Una scia di stelle ha bussato e mi ha portato via con sè: ero tranquillissima“, ha detto G, dopo la musica dolce.
“Ero sopresa: ho preso in mano una stella, che mi ha trasformata in una foglia, in cielo, insieme alle stelle“, ha detto A.
“Sono curioso: come ha fatto a farlo entrare in quel foglio?“, ha chiesto M.
E poi ancora, all’ultimo ascolto, decisamente più energico: “Questa è troppo forte, mi sentivo più tranquillo con quella di prima“, ha detto L., pensieroso.
“Mi è sembrata violenta“, ha detto, invece, A.
“A me è piaciuta, mi sono sentito forte“, ha detto Y.
“Io ero spaventata: sono scivolata già dal tetto della casetta“, ha detto A., che all’ascolto precedente fluttuava nel cielo come una foglia.
Mi soffermo un po’ a respirare dentro a momenti come questo, in mezzo a tante innegabili difficoltà. Riprendo fiato su queste boe di bellezza, mi dico quanto sarà bello provare a vivere sempre più questi momenti, piano piano, renderli più frequenti, secondo le possibilità. Ci metto accanto quelle letterine, scritte a ognuno su piccoli fogli colorati, per riconoscere quanto stiamo crescendo tutti insieme, dirci come ciascuno brilli per qualcosa di unico (anzi, per la precisione: una selezione di tre scintille per ciascuno), ricordarci quanto ognuno sia onestamente prezioso nell’ingranaggio complessivo di questa piccola comunità zoppicante ma audacemente in cammino.
“e alla fine torno a rovesciare il cuore, giro in fuori la parte brutta e in dentro la buona e cerco un modo per diventare come vorrei tanto essere e come potrei essere se nel mondo non ci fosse nessun altro“. Sono queste le ultimissime righe del diario di Anne Frank, prima dell’arresto e della deportazione. Raccolgo, proprio nel senso di ri-accolgo questa immagine così ricca di consapevolezza e profondità, che avevo completamente dimenticato. Mi accorgo che forse, essere maestri, essere educatori in generale, è provare a compiere ogni giorno lo sforzo esattamente opposto, cercando, magari anche nei momenti meno smaglianti, di rovesciare in fuori la parte buona del cuore.
Mi piacerebbe provare a far circolare questi contenuti senza i social, come semi trasportati dal vento o dalle mani di chi li trova interessanti. Se questo post ti è piaciuto, puoi condividerlo con qualcuno a cui potrebbe parlare. E se vuoi ricevere le ‘oltreluci a domicilio’, trovi tutto nel banner laterale. Grazie! Chiara


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