vie educative per cuori vivi e menti accese

Far posto accanto

Far posto accanto

Ieri, in cortile al sole per la merenda di mezza mattina, A (questa iniziale, come le successive, è di fantasia) ha negato con un cenno della testa (che non mi è sfuggito) a B la possibilità di sedere accanto a lui. B voleva semplicemente aggiungersi ad un piccolo crocchio di compagne e compagni che facevano merenda al sole..
Dopo aver invitato B a ritentare la sua piccola impresa – tentativo che si è rivelato fallimentare- ho preso da parte A per dirgli che non c’è nessuna ragione per non provare ad accogliersi l’un l’altro, mai. È una regola semplice, quella di far posto accanto.
Ieri, per la prima volta in Italia, è arrivata notizia che in un comune del milanese, un consiglio di istituto ha votato all’unanimità la chiusura delle scuole dell’istituto comprensivo nel giorno della celebrazione della fine del Ramadan.
Certo, in una scuola laica come quella di cui parla la nostra Costituzione, è di per sé bizzarro che la quasi totalità delle festività siano di origine religiosa (con le sole eccezioni del 25 aprile, del 1 maggio e del 2 giugno); ma, in questa particolarità italiana, almeno possiamo cominciare ad avere un calendario che renda conto della libertà di religione e coscienza, altri diritti sanciti dalla nostra legge fondamentale.
Accogliersi attraverso i momenti di festa, poi, è un gesto di gioiosa equità, in attesa che, magari, si arrivi ad un calendario davvero laico, come quello di altri paesi europei.
Che poi, per inciso, non è avendo 15 giorni di vacanze intorno al Natale che ci renda dei cristiani, ipocrita bandiera di una becera politica; al massimo ci rende degli ottimi consumatori di luminarie, cibi che sprechiamo, oggetti inutili e, magari, ferie costose. Ma questo è un altro discorso.
Guardo a quelli che si agitano per una presunta perdita di identità italiana e penso a tutte le volte in cui mi agito, smatto, perché ho la sensazione di star perdendo qualcosa, di me magari, o dei legami con gli altri. La verità è che quello che sento che sfugge da me è quello che non ho mai avuto veramente. Imparare a lasciare andare quello che non si è, o non si ha più, è anche aprirsi a quello che si sarà, senza paura.
Viviamo in un mondo complesso, nel quale, Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen, insieme ad altri leader europei, sono atterrati in Egitto con un volo della durata di circa 3 ore. Pochi giorni fa, in una tratta simile, che attraversava lo stesso mare, almeno 60 persone sono morte per fame sete e ustioni da carburante, alla deriva da oltre una settimana. Ieri a Roma c’è stata la seconda udienza del processo ai quattro 007 egiziani accusati dalle autorità italiane del sequestro e della morte di Giulio Regeni e la presidente del Consiglio ha portato la promessa di 7,4 miliardi dell’UE ad un regime che calpesta diritti fondamentali. Tra gli altri interessi, in primis quelli energetici, si tratta anche di siglare un accordo per bloccare le partenze dei migranti verso l’Europa.
Una tragica ingiustizia in giacca e piega fresca di parrucchiere.
A leggere i giornali, si vuole fronteggiare l’immigrazione illegale e i trafficanti. Mi chiedo: perché io, donna italiana, se voglio andare in Egitto non devo fronteggiare i trafficanti? Semplicemente perché godo di un privilegio (di cui non ho meriti né ce li ha nessuno dei miei avi) che dovrebbe essere invece un diritto.
Qual è dunque il problema: La volontà di uno spostamento o le spesso disumane barriere perché questo spostamento possa arrivare a compimento?
Perchè viviamo in un mondo in cui si possono muovere le merci (anche quelle sporche di gravi ingiustizie umanitarie e ambientali come il Coltan o frutto di sciocche mode ecologicamente inique come la quinoa o l’avocado), il denaro, le armi, ma le persone no?
Il mondo dei grandi della Terra, per come funziona, sembra dare ragione ad A, che ieri mattina ha negato a B la possibilità di occupare un posto accanto a lui a merenda sotto il sole di inizio primavera, in nome del diritto di essersi sistemato in quel preciso angolo di cortile per primo.
Vorrei raccontare che A alla fine ha capito, che si è ravveduto, che si è spostato per lasciare un po’ di posto a B, in quel piccolo crocchio. E invece no. Invece ha ribattuto che “loro” volevano stare da soli, “senza altre persone”. Se la scuola ti insegna ad adattarti alle regole del mondo, beh, allora tutto sarebbe perfetto: A ha già capito le regole di questo nostro stare al mondo.

E invece no.
E invece no.

La scuola è la palestra dove imparare a cambiarlo il mondo. E non bisogna smettere di far posto accanto, di mostrare come si fa e di chiedere ai bambini di provare a farlo, anche quando il loro istinto (magari coltivato da altri modelli di vita adulta) sarebbe quello di chiudersi nei loro piccoli privilegi.
Per fortuna mia e di tutti, la scuola è anche il posto dove si può avere l’onore di assistere a piccoli miracoli, come quello di C, che, ad ogni intervallo, insegna nuovi passi di danza a D e E, sue amiche che provengono da un contesto migratorio e che, al momento, non hanno modo di accedere a nessun corso extrascolastico per coltivare le proprie passioni. La scuola è un posto in cui ieri, sotto lo stesso sole di inizio primavera, D e E hanno imparato con C a fare la verticale nel prato. Nel cortile di una scuola può accadere che F, che meno di mezz’ora prima ha avuto un acceso diverbio con B, lo veda tornare triste dal suo tentativo di essere accolto nel crocchio di A e gli proponga di giocare, insieme, a nascondino. A scuola può ogni giorno succedere che le compagne e i compagni di G, quando G ha voglia di farsi un giro fuori dalla classe e scappa via di corsa, la riportino dolcemente a posto. Un posto dove adulti e bambini possono imparare da certi sguardi a conservare e accrescere il desiderio e il coraggio di cambiare il mondo e le sue ingiustizie e di fare, indomitamente e senza eccezioni, posto accanto.

(nell’immagine l’opera “Love the difference- Mar Mediterraneo” di Michelangelo Pistoletto)

Mi piacerebbe provare a far circolare questi contenuti senza i social, come semi trasportati dal vento o dalle mani di chi li trova interessanti. Se questo post ti è piaciuto, puoi condividerlo con qualcuno a cui potrebbe parlare. E se vuoi ricevere le ‘oltreluci a domicilio’, trovi tutto nel banner laterale. Grazie! Chiara

Lascia un commento

sono Chiara

lavoro come maestra nella scuola primaria

benvenutə tra le oltreluci, luogo di pensieri e racconti di scuola

le oltreluci accendono l’immaginazione e l’amore per la scoperta, aprono spazi sconfinati di pensiero poetico e critico, intrecciano le arti ad ogni sapere, che si fa così creazione e trasformazione

le oltreluci sono quei bagliori di senso che possono guidare noi maestrɜ oltre le consuetudini, alla ricerca di pensieri e percorsi che espandono e ridisegnano ogni nostro già detto, già fatto, già pensato

le oltreluci sono scintille che abitano i diversi modi di sentire, pensare e conoscere: se riusciamo a vederle, allora possiamo accompagnare a brillare ogni unicità; sono piccoli segnali luminosi a ricordarci che siamo in ogni momento in cammino verso un miglioramento, di qualsiasi entità

le oltreluci nascono da e continuano ad essere per liberi sentieri

le oltreluci sono venti, vie, scintille, nodi, passi e orizzonti

se vuoi scrivermi:

se preferisci ascoltare i contenuti: