Da un paio di notti sono raggiunta in sogno dalle prefigurazioni del mio futuro prossimo a scuola.
C’è voluto un bel po’ di impegno e determinazione per mettermi in condizione di iscrivermi per la prima volta in graduatoria e, dal momento dell’inoltro di quella domanda, mi sono detta e ho convenuto con gli amicɜ nella stessa situazione, che da quel momento in poi non avremmo avuto più controllo di nulla e tanto valeva mettersi l’animo in pace e aspettare. Non che io creda nel destino, anzi, ma nel buon uso che possiamo fare del caso, quello sì, tanto.
Ma l’inconscio spesso non ascolta la ragione e si manifesta nuotando nei fondali del sogno.
Lavorare nella scuola è anche, per un numero di anni che ancora non so, è anche questo: non sapere cosa accadrà di te un anno scolastico per il successivo. Considero questo utile e sano per un certo numero di anni, non tanto per lɜ studentɜ per i quali la varietà di insegnanti può generare esiti negativi che superano quelli positivi, ma per lɜ insegnanti sì, per sperimentare e sperimentarsi in contesti e ruoli con sfide e caratteristiche diverse.
Ho da parte molti strumenti sonori, anche poco ortodossi, una quantità davvero imbarazzante di colori vari, ho in libreria molti albi, romanzi un po’ più lunghi, nello scrigno dei desideri moltissimi percorsi e spunti, ma li userò davvero? E come? Con chi? Con quali adulti avrò modo di provare a condividere come lavoro e vorrei lavorare?
Studio per l’ultimo esame del mio terzo anno di cinque a Scienze della Formazione Primaria e intanto, incoraggiata dai sogni, comincio ad immaginare il primo anno in cui ad andare alla scuola primaria sarò unicamente io in famiglia. Anche Miss T, la mia ultimogenita quasi undicenne, dopo Signorina A e Mademoiselle C, le mie due primogenite quasi quindicenni, se ne andrà in secondaria.
Un amico, proprio ieri, chiedeva a Miss T come si sentisse di fronte all’idea di iniziare un nuovo ciclo scolastico e, di fronte, alla sua timida incertezza, le ha detto:”Magari ti senti come me quando sto per partire per un viaggio da solo: ho un po’ paura, ma anche tanta curiosità e felicità”. Se quella domanda la rivolgessero a me, oltre che a Miss T, ruberei quella stessa risposta: ho una paura mista a felicità.
So che avrò il privilegio mai scontato di lavorare con persone uniche, che accompagnerò per un tratto di quella fase della loro esistenza che, per me, è e rimane la più forte e misteriosa, quella dove regnano indiscusse sovrane la necessità di vita e una naturale e invincibile voglia di felicità.
Sarò all’altezza di questo accompagnare? No, mai completamente.
Saranno all’altezza, loro, miɜ compagnɜ di viaggio, di accompagnare me? Sì, indubitabilmente sì.
Mi piacerebbe provare a far circolare questi contenuti senza i social, come semi trasportati dal vento o dalle mani di chi li trova interessanti. Se questo post ti è piaciuto, puoi condividerlo con qualcuno a cui potrebbe parlare. E se vuoi ricevere le ‘oltreluci a domicilio’, trovi tutto nel banner laterale. Grazie! Chiara


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