L’inizio del nuovo incarico scolastico coincide per me con un periodo di letture dense e significative. Il mio primo anno intero da docente di posto comune (così il lessico tecnico della scuola chiama la maestra ordinaria, differenziandola nei termini dalla maestra di sostegno) arriva in un momento di conoscenza ravvicinata di potenti esperienze del passato, di maestrɜ profondɜ e immensi pensatorɜ.
E, per quanto trovi pienamente necessario alimentare le mie riflessioni e innovazioni e documentazioni, talvolta penso che basterebbe prendere certi pensieri immensamente brillanti e semplicemente provare a incarnarli, che meravigliose rotte da seguire sono già tracciate e vive.
“I principi sui quali ho fondato l’attività delle mie scolaresche in tutti questi anni tendono a realizzare una comunità in cui i bambini si sentano uguali, compagni, fratelli; essi non avvertono e non hanno al di sopra uno che li comanda e li umilia, ma un maestro che li guida nell’esplorazione della vita. In questo tipo di comunità ovviamente non c’è voto e nessun altro timore. C’è invece la motivazione a tutto ciò che si fa. E tra i fini delle attività c’è quello della felicità. Perché dobbiamo vivere tutta la vita, in famiglia, a scuola, in fabbrica, sempre con la paura dentro e qualcuno al di sopra che ci comanda, ci umilia e ci impedisce di realizzare noi stessi?” (Mario Lodi).
In genere mi intimoriscono, all’inizio di un nuovo percorso in un istituto che non conosco, le interazioni con gli adulti e tutto quel codice implicito che riguarda l’organizzazione dei luoghi di lavoro e di cui sono inizialmente all’oscuro. Temo errori, inciampi. Non ho mai paura di incontrare i bambini perché mi accompagna una specie di cieca certezza che sarà un’esperienza che, anche nell’eventuale difficoltà, sarà sempre e comunque positiva. Non lo dico per dire, lo dico perché lo sento e questa certezza di fronte ad un incontro non l’ho mai avuta se non nei confronti dellɜ bambinɜ, che mi metteranno di fronte ai miei limiti, ma sempre con una grazia naturale e generosa.
Per cui, con le gambe traballanti, mi rimetto in viaggio, tenendo viva davanti agli occhi quell’intuizione magnifica di trovare posto sempre, tra i nostri obiettivi di collaborazione, equità e scoperta, anche per la felicità.
[immagine di Jesuso Ortiz]
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